Salutiamo con speranza il governo Monti. Sollecitato, atteso, necessario, urgente e si potrebbe continuare questa sequela sicuramente condivisa dalla stragrande maggioranza degli italiani. Salutiamo innanzitutto l'uomo, così diverso nello stile e, con molta probabilità, anche nelle capacità rispetto al precedente Presidente del Consiglio.
Subito però sorge un dubbio: saranno in grado questo governo e l'uomo che lo guida a rispondere alle sollecitazioni della crisi che incombe sul nostro Paese?
Vedete, l'accento che pongo è sulla 'crisi' e non sul 'Paese'. Sono convinto della necessità e di quanto sia importante intervenire per un risanamento dell'economia italiana, a partire dall'enorme debito accumulato, sicuramente da tenere sotto controllo e da ridurre in modo significativo. Lo sono altrettanto su quanto sia urgente rilanciare la crescita e i consumi e prima di tutto l'occupazione. Non sottovaluterei inoltre il primato da attribuire alla condizione occupazionale giovanile, all'istruzione e alla cultura, affinché si aumenti la qualità di base del fattore umano del nostro Paese. Detto questo non mi illudo né che possiamo farcela da soli ad uscire da una situazione così critica né che il problema sia esclusivamente riconducibile al nostro Paese.
Abbiamo visto ripetersi, in quest'ultimo anno, uno scenario monotono nelle sue caratteristiche ma grave quanto ad effetti e ripercussioni. E' toccato prima a Paesi piccoli e deboli quali Portogallo, Irlanda e Grecia. Quindi abbiamo visto la Spagna obbligata a misure gravi ed eccezionali. Poi c'è stato un intensificarsi dell'accanimento con una Grecia sicuramente anello debole della catena. Quindi è toccato all'Italia. Non è detto che il prossimo obiettivo non sia quella Francia dello sprezzante Sarkozy.
Ciò che appare sempre più evidente è che ci troviamo di fronte ad un piano premeditato di attacco a quella che non è improprio definire la debolezza strutturale della moneta dell'eurozona. A nulla serviranno ai fini del superamento della crisi tutte quelle misure che l'Italia o altri Paesi hanno preso o prenderanno se non si affrontasse finalmente il problema alla radice. Abbiamo visto la Grecia fare cose inaudite e addirittura criminali come licenziamenti di massa nel pubblico impiego, azzeramento di mensilità di stipendi, decurtazioni importanti delle pensioni: da ogni parte si continua a considerarla fallita (o in 'default' come in modo più chic si preferisce parlare oggi).
L'economia non è una parte marginale della vita di uno stato. Se si vuole continuare ad avere una moneta unica bisognerà riconoscere l'indispensabilità di un'unica economia forte europea, gestita centralmente. Più chiaramente il riferimento è ad una unione politica reale, una Federazione di stati europei a cui delegare poteri di imposizione fiscali e di spesa, con una Banca Centrale che abbia la possibilità di gestire l'euro come l'Inghilterra fa con la sterlina o gli USA con il dollaro, o qualsivoglia altro stato indipendente del pianeta fa con la propria moneta.
Tutti lo sanno ma nessuno vuole rinunciare al potere in casa propria.
L'Italia commissariata! E' stato gridato allo scandalo quando abbiamo visto arrivare a Roma gli ispettori dell'Unione Europea per controllare da vicino l'operatività del nostro Governo. Se vogliamo costruire l'Europa è fuori di dubbio che per farla crescere i signoli stati devono diminuire. Tutti. Francia e Germania compresi.
Risanare le finanze e i conti dell'Italia è compito urgente e giusto, anche sotto l'aspetto morale. Il Presidente Monti ha sotttolineato di volerlo fare soprattutto con 'equità'. Plaudiamo a questo suo proposito. Aggiungerei però un consiglio, che vuole essere soprattutto una speranza: non misuriamo l'economia del nostro Paese soltanto in relazione al PIL (prodotto interno lordo) ma anche facendo riferimento al PIF (prodotto interno della felicità). Dovremmo cominciare a guardare alla riduzione del consumo e all’aumento del valore dei servizi e della felicità come fanno Paesi come la Finlandia che ha inventato il PIF, prodotto interno della felicità con cui misurano la buona economia di un governo. Puntiamo sui valori e non solo sui consumi.
Vogliamo progredire oppure regredire?
Alla prossima, ciao
17 novembre 2011
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