FEDE PROSTITUITA?
16 giugno 2013 - anno C - XI domenica del Tempo Ordinario
Provo a raccontare diversamente il brano di vangelo di questa domenica.
Molto probabilmente siamo ancora a Nain, la cittadina dove è avvenuta la rianimazione del giovinetto. E' sabato, sono appena terminati i tradizionali riti nella sinagoga ed è abbastanza comune ritrovarsi in casa di qualcuno, Simone nel nostro caso, per continuare a riflettere sulla parola di Dio ascoltata nel tempio, e completare il giorno festivo con un banchetto, insieme a persone che condividono il timore di Dio, che osservano i suoi precetti, che vivono la legge. Persone giuste, persone esemplari che si sentono privilegiate, che hanno un rapporto a testa alta con Dio.
Gesù è invitato e in questa occasione non dovrebbe trovarsi in difficoltà come quella volta in casa di Matteo il pubblicano, un peccatore che poteva, e difatti era successo, screditarlo agli occhi dei benpensanti.
Gesù manda il boccone per traverso ai suoi ospiti. Anche questa volta infatti si verifica una situazione deprecabile: una donna, sicuramente una peccatrice, una prostituta, entra in quella casa si getta ai piedi di Gesù e comincia a baciarli, a lavarli con le sue lacrime, ad asciugarli con i suoi capelli, a cospargerli di profumo.
Facile pensare a come si sentissero imbarazzati, alcuni anche scandalizzati, in quella casa a vedere Gesù che non solo si lascia toccare dalla donna, ciò che di per sé significava contaminazione e impurità, ma sembra mostrarsi addirittura condiscendente, che la lasci fare, che la guardi con occhi benevoli.
Il padrone di casa non osa intervenire, ma dentro di se è come minimo sconcertato e comincia persino a dubitare dell'autorevolezza di quel rabbì di cui in precedenza si era dimostrato entusiasta tanto da invitarlo a pranzo a casa sua.
Gesù, che legge nel profondo nel cuore di Simone, coglie al volo i pensieri della sua mente e volendo sradicarli da quell'amico che amava allo stesso modo della donna, ma non volendolo rimproverare pubblicamente, lo induce a giudicare se stesso raccontando la parabola dei debiti condonati.
La donna, dato che la sua professione non la portava certo ad interessarsi molto della parola di Dio, quasi sicuramente non conosce neanche Gesù ma doveva aver colto nelle parole del maestro tutto il suo amore per coloro che come lei avevano molto sbagliato nella loro vita. Lo percepisce capace di capire la sua storia, la sua vita fatta di dolori e umiliazioni e, dal suo sguardo, si era sentita amata. Finalmente un uomo che l'aveva guardata non come oggetto del suo desiderio ma con amore autentico, senza disprezzarla, senza condannarla, senza emarginarla. Le aveva fatto scoprire di essere una donna capace di amare e quel pianto era espressione del riemergere in lei l'amore per la vita. Il sentirsi capita e amata le aveva ridato la voglia di vivere.
La donna aveva sbagliato, ma chi non sbaglia in vita sua? Solo chi è consapevole dei propri molti errori sa più di qualsiasi altro in cuor suo di aver bisogno di perdono. Camminando sul confine invece, come probabilmente fa Simone, si è impediti ad essere pienamente consapevoli della propria condotta. Il pensiero dei giusti è di quelli che basano la loro giustizia sulla bilancia dei meriti e odiano chi non rispetta la legge.
Gesù chiama per nome Simone, segno di tenerezza, vuole spingerlo a rivedere il suo comportamento. Ha sbagliato il suo rapporto con Dio, si sente a posto perché è sempre stato fedele ai comandamenti.
E', questa, la religione dei perfetti che però rende incapaci di amare gratuitamente. La perfezione e l'integrità morale assoluta non esistono. Simone è convinto che anche Dio la pensa come lui in termini di merito, che ripaga l'amore che gli si dona. E' lui che pecca di prostituzione perché pensa che Dio paga con la sua benevolenza per le opere buone che fa, per l'ossequio alla legge di cui fa sfoggia.
Simone non ha capito che tutto è dono di Dio e che non si merita nulla da Lui. Il Maestro intende fargli capire che la donna è solo per ignoranza che sbaglia. A chi non capita a volte di cercare la gioia, la propria realizzazione, per cammini sbagliati! Non dobbiamo emarginare queste persone ma amarle di più, aiutarle in modo che possano essere pienamente felici nel realizzare la propria vita.
Il vero peccatore non è la donna ma il fariseo che si sente giusto di fronte alla legge e non sperimenta l'amore e la bontà di Dio nella sua vita. Il fariseo condanna, emargina, non vuole avere niente a che fare con queste persone. Gesù si lascia abbracciare, si lascia toccare, le accoglie. Non condannare o giudicare ma aiutare e capire, di questo Gesù vuole convincerci attraverso la parabola.
Siamo invitati ad
individuare e sradicare il Simone che è in ciascuno di noi. Siamo chiamati per nome, come Simone, e a convertirci allo sguardo di Dio. Il perbenismo farisaico di Simone si annida in ogni cuore umano, soprattutto in quelli che hanno l'illusione dell'autosalvezza, a partire dai propri meriti.
Se abbiamo anche noi l'atteggiamento di Simone è a noi che si rivolge Gesù in questa domenica e ci chiama alla conversione.