INVERSIONE AD U
26 gennaio 2014 - anno A - III domenica del Tempo Ordinario
Si possono fare diverse ipotesi sul perché Gesù comincia da Cafarnao, in Galilea, sul mare (meglio sarebbe dire lago, ma ogni vocabolo usato ha un senso nelle Scritture che sarebbe bene approfondire) di Tiberiade, la sua vita pubblica. Potremmo accontentarci di quanto Matteo stesso ci suggerisce: perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa... All'evangelista sta molto a cuore dimostrare che sta parlando del messia atteso, che tutto quanto fa capo al Cristo è attuazione e compimento di quanto le Scritture avevano già profetizzato da lontano.
Potrebbe anche essere perché Giovanni Battista, il precursore, è stato arrestato e decapitato, e per Gesù, molto vicino alle sue idee, è diventato pericoloso rimanere nella città dove aveva vissuto per circa trent'anni. Ovvero perché sente che ormai tocca a lui portare a compimento l'opera inziata dal cugino.
Molto più semplicemente potrebbe essere perché conosce bene i suoi concittadini, il loro integralismo religioso, l'incapacità di accogliere un messaggio profondamente critico verso una prassi religiosa che dava più importanza alle regole che non alle situazioni concrete in cui la gente comune, soprattutto i deboli e gli indifesi, era costretta a subire. Così che, ritenendo che sarebbe stato più proficuo cominciare in un territorio sottratto all'influenza diretta di sacerdoti, scribi e dottori della legge, individua in Cafarnao il luogo ideale per iniziare a proporre il suo messaggio.
Cafarnao, al tempo, era una cittadina di frontiera, crocevia di quella famosa Via del Mare che saliva dall'Egitto e in cui i viaggiatori diretti a nord, verso la Fenicia, o ad est, verso la Mesopotamia, erano costretti a passare e a fare magari una sosta.
Ecco perché era il luogo ideale per incontrare tanta gente, anche quella meno attratta da interessi non proprio quotidiani e terreni, a cui Gesù vuol fare conoscere il suo annuncio per una necessaria e urgente conversione.
Gesù inzia dalla Galilea, dai luoghi perduti che hanno attenuato, quando non perduto, i loro legami con Gerusalemme, il cuore pulsante della religione israelitica. Inizia da dove gli uomini perbene non vogliono andare. Papa Francesco ne coglie bene il significato già dall'inizio del suo pontificato, allorquando invita sacerdoti e religiosi (ma l'ammonimento è per tutti coloro che hanno a cuore la realizzazione del regno di Dio) a smettere di aspettare nelle parrocchie e ad uscire per andare ad incontrare la gente, specialmente quella che ha più bisogno, che è confinata nelle periferie delle nostre città.
Dio è colui che si muove per primo, che viene incontro all'uomo, specialmente quello che più ha bisogno dell'avvertimento di Gesù convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino. Dio viene incontro, si fa prossimo, prende l'iniziativa. Viene da noi e ci raggiunge là dove siamo.
Quando pensiamo di essere noi a cercarlo non ci rendiamo conto che invece ci viene chiesto semplicemente di riconoscerlo e di accoglierlo. A prima vista potrebbe essere una distinzione eccessiva, di lana caprina. E' ovvio che ci si incontra quando si è in cammino, quando si sta cercando, quando si sta facendo un percorso con obiettivi chiari, quando, per rimanere in tema, si è aperti ad interrogarsi sui fini ultimi dell'esistenza. Noi abbiamo il desiderio di Dio nel nostro cuore ma è solo per metterci nella condizione di accoglierlo. Però siamo un cuore che cerca qualcosa di infinito che possiamo incontrare solo perché lui si è messo in cammino, perché si è mosso lui, è venuto a cercarci.
Il momento del riconoscimento è essenziale perché spesso capita che è nelle nostre intenzioni essere vicini a Dio, di essere in amicizia con lui, ma senza una vera volontà di sintonizzarci con il suo progetto, con la sua volontà anzi, al contrario, vorremmo mantenere totalmente la nostra mentalità, con la scala di valori che il mondo ha costruito per uno pseudo benessere che si fonda su salute, ricchezze, potere, carriera, eros, ecc.
Gesù chiede conversione, cioè una inversione di rotta radicale.
Il regno di Dio che lui propone ha una scala di valori capovolta rispetto a quella del mondo. I soldi passano all'ultimo posto. Anche la propria persona, il proprio benessere non è ai primi posti nei quali troviamo l'uomo, i fratelli, il dono di sé, insomma è una scala di valori impergnata sul principio assoluto dell'amore.
La chiamata alla conversione di Gesù riguarda un cambiamento di mentalità, di modi di pensare opposti a quella scala di valori che gli uomini si sono dati. Ed ecco che Matteo ci propone subito qualcuno che accetta di accogliere questo cambiamento radicale: vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Non chiediamoci se il testo sia un racconto fedele di come si siano svolti i fatti ma meditiamolo cogliendo il suo significato simbolico. Andrea a Pietro, per seguire Gesù, non esitano a riconsiderare il proprio lavoro, la fonte di sostentamento per loro e le loro famiglie. Gesù chiede loro un atto di fede in una proposta di vita sicuramente più improbabile e incerta per l'immediato ma densa di significato in prospettiva. Sicuramente non chiede loro di smettere di fare quello che sapevano fare ma di farlo con motivazioni diverse. Chiede loro di smettere di pensare in termini di benessere individuale ma di mettere le loro capacità al servizio dei fratelli.
Un cambiamento radicale di mentalità addirittura accentuata nell'altro incontro proposto ad esempio. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. La richiesta stavolta è quella di abbandonare non solo il lavoro ma anche il padre. Non solo gli affetti famigliari ma l'autorità stessa che la figura del genitore suggerisce. Venite dietro a me....e li chiamò. Gesù chiama e chiede di seguirlo, come a dire: la proposta di uomo che vi faccio non ve la presento solo a parole ma con la mia vita.
Siamo invitati a seguire lui che apre il cammino, che va avanti per primo. E' questa la vita riuscita.
Bisogna dare un taglio a tutte le reti che impediscono di seguire la vera proposta per l'uomo. Avere il coraggio di lasciare la barca ma anche il padre. Staccarsi dagli affetti, dalla tradizione, avere il coraggio di quella inversione a U che permette di inserirsi in una logica completamente nuova per accogliere la luce portata da Cristo. Continueremo a svolgere ognuno la vocazione a cui ci siamo sentiti chiamare ma lasciandoci guidare da quella luce che ci permette di guarire da tutto ciò che ci disumanizza e camminare secondo il disegno d Dio.
Chi non ha bisogno di aiuto per orientarsi bene nell'impervio cammino quotidiano? Lasciamo entrare nella nostra vita quella luce che ha cominciato a brillare a Cafarneo.