Dopo la morte di Gesù, gli apostoli, spaventati e sconvolti, si nascosero per paura di essere perseguitati dalle autorità religiose e politiche dell'epoca. Si riunirono in una stanza chiusa temendo per la propria vita.
Tuttavia, secondo la tradizione cristiana, la risurrezione di Gesù li fece uscire dal loro nascondimento e li incoraggiò a diffondere il Vangelo in tutto il mondo.
Molti sono i racconti di come gli apostoli siano diventati coraggiosi missionari, diffondendo il messaggio di Cristo nonostante la persecuzione e il rischio di morte.
È importante notare che le storie della risurrezione e del comportamento degli apostoli dopo la morte di Gesù sono state tramandate attraverso la tradizione orale e scritta, e ci sono dibattiti tra gli studiosi sulla storicità di queste narrazioni. Tuttavia, il nascondimento degli apostoli dopo la morte di Gesù è considerato un evento importante nella storia cristiana e ha avuto un impatto significativo sullo sviluppo del cristianesimo.
Giovanni 20,19-31 descrive il momento in cui gli apostoli si trovano nel nascondimento dopo la morte di Gesù e come la loro paura viene superata dalle apparizioni del Cristo risorto.
Nel passo, gli apostoli sono chiusi in una stanza per paura dei Giudei, quando Gesù si presenta a loro, nonostante la porta fosse chiusa. Egli mostra loro le sue ferite e ricorda di essere stato inviato dal Padre per portare la pace e perdonare i peccati. Questa prima esperienza di Gesù risorto dona coraggio agli apostoli e li spinge ad andare oltre la paura e a diventare missionari del Vangelo.
Tommaso, che non era presente al primo incontro, inizialmente dubita della risurrezione di Gesù finché non lo vede con i suoi occhi e tocca le sue ferite. Egli è un po’ il simbolo dell’uomo di oggi che non si accontenta di quanto viene trasmesso da altri ma vuole verificare, usare la propria libertà decisionale, almeno nei limiti in cui questa è esercitabile.
Gesù si presenta agli apostoli e soffia loro addosso dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Basta questo per liberarli dalla paura e spingerli a diventare testimoni della fede.
Gesù conferisce agli apostoli il potere di perdonare i peccati in nome di Dio, istituendo così il sacramento della Confessione nella Chiesa cristiana.
Cerchiamo di attualizzare il senso di questo racconto di Giovanni. Possiamo farlo in diversi modi, a seconda del contesto e delle sfide che la Chiesa e i fedeli incontrano nella loro vita quotidiana. Tuttavia, ci sono alcuni principi fondamentali che possono essere applicati in ogni situazione.
Ci ricorda l'importanza del perdono e della riconciliazione nelle nostre relazioni con gli altri e con Dio. Come cristiani, siamo chiamati a perdonare, anche quando è difficile, e a cercare la riconciliazione con coloro che abbiamo offeso o che ci hanno offeso.
Ci invita a diffondere il messaggio della salvezza e della misericordia di Cristo in tutto il mondo. Come cristiani, siamo chiamati a testimoniare la nostra fede e a condividere con gli altri la gioia del Vangelo.
Ci ricorda che lo Spirito Santo è presente nella Chiesa e tra i fedeli e ci guida nella nostra vita di fede.
Riscoprire l'importanza del perdono, della testimonianza della fede e della guida dello Spirito Santo nella nostra vita quotidiana sono indicazioni che dovremmo sempre tenere presenti.
Siamo partiti dal Vangelo e procediamo a ritroso con alcune riflessioni sulla seconda lettura per poi completare il commento con il passo degli Atti degli Apostoli. Così che, dagli avvenimenti delle prime apparizioni a porte chiuse vediamo le prime aperture degli apostoli verso l’esterno e le iniziative delle prime comunità cristiane in attuazione del messaggio evangelico.
Il passo di 1 Pietro 1,3-9 è una celebrazione della speranza cristiana nella risurrezione di Gesù Cristo e nella promessa di una eredità eterna. L'autore inizia il brano lodando Dio per la speranza viva che egli ha dato ai credenti attraverso la risurrezione di Gesù.
Poi l'autore esorta i credenti a gioire anche nelle prove e nelle sofferenze della vita, perché queste sono un'opportunità affinché la fede possa essere affinata e rafforzata come l'oro che viene purificato dal fuoco.
L'autore conclude con l’esortazione a perseverare nella fede, anche se ancora non vediamo Gesù, poiché la fede in lui ci guida a una gioia ineffabile e gloriosa che porterà alla salvezza delle nostre anime.
Ed eccoci al passo di Atti 2,42-47. Vi si descrive la vita della prima comunità cristiana dopo la discesa dello Spirito Santo a Pentecoste. Gli autori del libro descrivono la vita della comunità in modo molto positivo, evidenziando i suoi tratti più importanti.
In sintesi, il passo di Atti degli Apostoli 2,42-47 descrive la vita della prima comunità cristiana come una comunità unita nella fede in Cristo, nella comunione fraterna e nella condivisione dei beni. Era caratterizzata da un forte senso di solidarietà e di amore reciproco, che si manifestava in una condivisione totale dei beni. Inoltre, la comunità aveva un impatto positivo sulla società circostante, che la vedeva come una presenza benevola e speranzosa.
Nelle letture di oggi abbiamo ascoltato tre brani che ci offrono un prezioso insegnamento per la nostra vita di fede. Siamo invitati alla comunione fraterna e alla condivisione dei beni materiali, in linea con la parola e gli insegnamenti di Gesù. La presenza di Cristo nella nostra vita ci dona quella pace e quella serenità che ci permettono di vivere la vita con coraggio e speranza. Tutti e tre brani ci insegnano che la fede in Cristo ci da la forza per affrontare le difficoltà e le prove della vita, poiché sappiamo che la nostra speranza è fondata sulla promessa di un'eredità eterna, immortale e incorruttibile.
Signore, che ci hai donato la fede in Cristo e lo Spirito Santo, donaci la forza di testimoniare la sua presenza nella nostra vita. Aiutaci ad essere solidali e a condividere ciò che abbiamo, così che la tua misericordia e il tuo amore possano essere conosciuti da tutti.