AGGRAPPATI AL CARROZZONE

Il voto del parlamento, l’ennesimo, contrario all’abolizione delle province, è coinciso con il varo di una manovra finanziaria di proporzioni apocalittiche (più di 70 miliardi di euro nei prossimi tre anni), la cui approvazione è stata fatta a tempi di record con il coinvolgimento, anche se con diverse responsabilità, di tutti i gruppi parlamentari, dietro sollecitazione del Capo dello Stato e su forte pressione dei mercati finanziari.
Le ricadute della manovra sui cittadini ovviamente saranno sentite nel tempo, quasi tutte a partire dal prossimo anno, per cui la gente comune non se ne è ancora accorta. Ha continuato nel solito, già gravoso, impegno quotidiano di far quadrare i conti della spesa e, quel venti per cento che ancora può permetterselo, ha fatto o farà le valigie ed è in vacanza o si appresta ad andarci.
Per il momento solo gran clamore sulle prime pagine dei giornali e nei titoli dei TG. Bene hanno fatto tutti a mettere in relazione le due votazioni, soprattutto stigmatizzando la decisione di mantenere le 110 province italiane in un momento in cui si chiedono sacrifici davvero pesanti. Decisione avallata praticamente con posizioni bipartisan da destra a sinistra, nonostante gli impegni assunti in campagna elettorale dai maggiori partiti di governo e di opposizione proprio sulla eliminazione di questi enti di cui, non solo a livello di opinione pubblica non se ne percepisce l’utilità ma che, anche oggettivamente parlando, è evidente come le attribuzioni ad esse delegate sono quasi sempre scorporate da altre dello stesso genere di competenza della regione.
Ovvio quindi come il pensiero vada immediatamente ai costi dell’intero carrozzone e a quanto avrebbe potuto essere più lieve la pressione sulla collettività in questi anni difficili.
Ho provato a fare una ricerca ma sembra che per queste cose la matematica non dia quella certezza che per definizione le si attribuisce. Ognuno da i suoi numeri e ognuno li organizza nel modo che più fa comodo. Per cui non mi sembra il caso di aggiungerne altri e mi limito solo ad alcune considerazioni.
E’ ovvio che non si può pensare che eliminare le province significa elimnarne tutti i costi. Non voglio fare demagogia gratuita affermando che sono del tutto inutili. Tornando le deleghe alla regione questa dovrà farsene carico e provvedere,  magari utilizzando buona parte del personale delle province stesse. Certamente non pochi sarebbero i risparmi derivanti dalle cosiddette economie di scala. Lo stesso costo del personale potrebbe essere notevolmente contenuto con una accorta politica del turn-over e diluendo nel tempo il suo ridimensionamento.
Rilevanti sarebbero invece, perché completamente azzerabili, i risparmi ottenibili dalla eleiminazione della pletora di amminsitratori pubblici, presidenti,  assessori, consiglieri e consulenti, nonché dall’uso delle auto blu a loro disposizione o di qualsivolgia altro benefit di cui godono. E non sto a dire del beneficio che ne deriverebbe all’economia in generale venendo meno quella parte di clientelismo, e spesse volte anche di corruzione, a loro legati.
Ma le cose ovvie, le soluzioni semplici, si sa, non fanno parte della filosofia della politica. Anzi, c’è da constatare molto amaramente che ancora pendono, presso le istituzioni di competenza, proposte per la creazione di ben altre 21 province nuove.
Non solo la politica non intende minimamente ridimensionare se stessa bensì il contrario, la tendenza è quella di espandersi. Tutta demagogia anche le proposte di questi giorni per ridurre i benefits della casta. Una polemica che in settembre, alla ripresa dopo la chiusura estiva, tutti in parlamento avranno dimenticata. Tutta da vedere, perché per il momento sono solo intenzioni graffiate sulla carta, la riforma delle Camere che, come da una precedente proposta di legge poi fatta decadere, se anche vedrà la luce sarà con tempi lunghissimi, per quando buona parte dei parlamentari di oggi sarà passata a miglior vita.
Rimarrà, quella sì sicuramente, solo una finanziaria di lacrime e sangue che a partire dal primo di gennaio prossimo chiederà sacrifici a tutti, a cominciare dai pensionati che già la loro pensione la vedevono aumentata con il contagocce.
Alla faccia del non mettere le mani nelle tasche degli italiani così tanto ripetutamente e demagogicamente sbandierata!

Alla prossima, ciao


26 luglio 2011

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